CAPITOLO 3
Minutes to Midnight
It’s a kind of magic
It's a kind of magic
A kind of magic
Casa Malfoy era una delle più antiche e maestose tenute
del mondo magico, isolata e imperiale sorgeva arroccata su una collina solitaria
da cui si poteva vedere chiaramente il mare, la costa al largo della città
di Chester.
Immersa in un parco pressoché illimitato svettava con la piccola torre
centrale sopra le cime degli alberi più alti, degradando poi in un gioco
di luci ed ombre, di guglie e finestre; i mattoni beige e la pietra color crema
contrastavano con il tetto grigio e austero dando al complesso l’imponenza
e la maestosità che si addiceva alla famiglia che lo abitava.
Il corpo centrale della costruzione si sviluppava su tre piani, più una
mansarda per i numerosi elfi domestici servitori della casata Malfoy.
Arrivando dai piedi della collina si seguiva una tortuosa strada lastricata
di pietre scozzesi, importate una a una da alcune rinomate cave nei dintorni
di Aberdeen, scure e lucide in ogni condizione atmosferica; prima della casa
si ergeva l’ingresso del giardino, una porta di mattoni color ocra con
una finestra esattamente sopra il portico d’entrata, dai vetri scuri e
spessi, tutt’intorno crescevano gli alberi, ora innevati e ingrigiti dal
freddo costante dell’inverno ormai inoltrato.
Il vialetto continuava poi fino ad arrivare a due imponenti ma tozze colonne
di marmo grigio che precedevano il portone principale, alto quasi tre metri,
di legno pesante e ferro battuto lavorato dai più antichi e famosi artigiani
inglesi del XV secolo.
All’estrema sinistra del corpo principale della casa l’enorme barchessa,
adibita a residenza degli ospiti, poco più in là la serra di vetro
e ferro ricoperta di edera magica e fiori invernali bianchi e blu.
I preparativi per la festa di quella sera erano ormai stati ultimati, erano
le sei in punto e tra un’ora sarebbero iniziati ad arrivare gli ospiti,
oltre duecento persone da ogni parte del mondo si sarebbero riunite nel salone
dei ricevimenti di casa Malfoy per celebrare il Natale nell’inconfondibile
stile delle famiglie purosangue.
Narcissa Malfoy stava scendendo la scalinata bianca posta alla sinistra del
corpo principale della sua casa con passo elegante e deciso, i capelli raccolti
in un composto chignon sopra la nuca, gli occhi marcati da un trucco scuro e
sensuale, chiari e cangianti come non lo erano da tempo, un lungo vestito di
pesante seta blu le fasciava il corpo dandole l’aspetto di una regina
di ghiaccio, la preziosa cintura di vetro e diamanti stretta intorno alla vita,
il bordo decorato di sottili fili d’argento così come il corpetto,
scollato ricamato da miniscoli fiocchi di neve.
Narcissa era una donna meravigliosa, una di quelle visioni che pochi uomini
erano in grado di dimenticare; alcune voci nel mondo magico volevano che avesse
antenate Veela, capaci di incantare chiunque posasse loro gli occhi addosso.
“Madre siete incantevole” la voce di Draco risuonò dai piedi
delle scale, mentre le porgeva la mano per aiutarla a compiere gli ultimi passi,
con la postura e la fierezza di un vero padrone di casa.
Narcissa sorrise al figlio inclinando la testa in segno di ringraziamento “Direi
che l’abito che ho scelto per te è perfetto” commentò
guardando il figlio, impeccabilmente elegante in un costoso smoking bianco e
nero.
“Come sempre, madre” rispose rispettoso Draco sorridendole.
“Siamo pronti ad accogliere i nostri ospiti dunque” fu la voce di
Lucius Malfoy a risuonare questa volta nel salone d’ingresso della tenuta,
mentre stava in cima alla scalinata, imponente e meravigliosamente perfetto
come non era da tempo.
Sembrava che Azkaban non l’avesse nemmeno sfiorato.
I capelli gli ricadevano lunghi e composti sulle spalle e oltre, il mantello
nero e pregiato ondeggiava a ogni suo passo come a volerne preannunciare l’arrivo,
l’unico segnale della prolungata sofferenza della reclusione erano gli
occhi più tirati e stanchi di quanto non lo fossero mai stati, ma la
luce che si nascondeva in loro era ancora quella del leader prediletto dell’Oscuro
Signore.
Scese gli scalini con grazia e maestria arrivando poi a fianco della sua finalmente
riunita famiglia, la festa di quella sera avrebbe ufficializzato il suo rientro
nella società magica, rientro che tutti aspettavano con impazienza.
“So che verrà anche Pansy stasera, con la sua famiglia e naturalmente
con i Nott; tua madre mi ha informato dell’imminente matrimonio dei loro
fratelli, un toccasana per le stirpi purosangue che vengono sempre più
spesso mischiate a luridi mezzosangue” commentò Lucius rivolto
al figlio.
“Sì, Timothy e Rowena si sposeranno quest’estate, stando
a quanto mi ha detto Pansy, credo che arriveranno insieme, le loro famiglie
sono ormai molto unite” spiegò il giovane rispondendo al commento
del padre con rispetto.
Narcissa fece poi cenno di seguirli nel salone dei ricevimenti che si trovava
dall’altra parte della casa e dava appunto sul parco situato sul retro.
Un’altra imponente scalinata dava accesso all’immensa sala che si
trovava a un livello più basso rispetto al pian terreno da cui si accedeva
alla tenuta Malfoy, dal lato nord della collina; gli ospiti, infatti, sarebbero
stati accolti all’ingresso dalla servitù e dai maggiordomi, scortati
fino allo scalone della sala dei ricevimenti e annunciati ai Malfoy dal più
fedele dei loro servitori, Phineas Sertamius, legato alla famiglia da decenni
di impeccabile devozione.
Narcissa camminava per la stanza controllando ogni particolare, accertandosi
che ogni cosa fosse al suo posto, che nessuno degli elfi avesse commesso il
benché minimo errore.
Lucius Malfoy guardò il figlio, facendogli cenno di seguirlo fuori dalle
enormi vetrate che si affacciavano sul giardino innevato, lungo il vialetto
che si inoltrava nel parco e poi, poco più in là nel bosco che
costeggiava il lago in quel momento ghiacciato; Draco obbedì immediatamente
alla richiesta del padre camminando al suo fianco sulla stradina lastricata,
in silenzio, per qualche minuto, in attesa che Lucius iniziasse a parlare, a
spiegargli il motivo per cui l’aveva voluto allontanare dai preparativi
per la festa.
One dream, one soul, one prize, one goal
One golden glance of what should be
It's a kind of magic
“Quella di questa sera non è una semplice festa
di Natale, Draco” disse con voce bassa ma decisa, conscio del fatto che
il figlio era a conoscenza dei risvolti e delle implicazioni di quello che gli
stava dicendo. “Questa sera riprenderò in mano le redini di quanto
ho dovuto lasciare dopo l’attacco al Ministero, dopo lo scontro con Potter
e i suoi luridi amici pezzenti” continuò inasprendo il tono: il
ricordo dei mesi passati ad Azkaban era stampato nella sua memoria in maniera
indelebile, l’eco delle grida strazianti che rimbombavano tra le mura
di quella prigione, il tintinnio delle catene sbattute contro la pietra come
un continuo lamento che ti impediva di chiudere gli occhi anche per un solo
secondo, invaso dalla paura della loro presenza, i Dissennatori.
Scheletriche anime dannate, ricoperte di cenci e mantelli logori che fluttuavano
nel nulla, vigili e attenti a ogni derelitto gettato a marcire in una cella.
“Lo so padre, questa sera stiamo mandando un messaggio” rispose
Draco mettendo le mani in tasca e girandosi a guardare il padre, scorgendone
forse per un solo istante il riflesso di quei mesi di reclusione, “questa
sera faremo capire che la nostra battaglia è capace di superare anche
le mura di Azkaban, e molto altro” concluse ricevendo un’occhiata
compiaciuta da Lucius.
One shaft of light that shows the way
No mortal man can win this day
It's a kind of magic
Tale padre, tale figlio.
Mai una simile banalità era stata tanto precisa e adatta a due uomini,
Draco non era frutto solo dell’educazione ricevuta, dei valori che gli
erano stati insegnati, Draco era figlio di suo padre, sangue del suo sangue
in ogni cellula del suo corpo, nella determinazione, nella fierezza, nel modo
di porre in atto e anche solo elaborare ogni singolo pensiero.
“Molti sono caduti quella sera al Ministero, molti altri si sono ritirati,
nascosti nel fango come sudici vermi, spaventati da un esercito di bambocci
capitanati da Potter; ora più che mai, Draco, dobbiamo saper scegliere
i nostri alleati e circondarci di persone che rispecchiano i nostri stessi ideali…
anche nelle schiere di Hogwarts, anche tra i ragazzi di cui sei il capo. L’Oscuro
Signore ha bisogno di tutti noi, di ogni singolo mago disposto a inchinarsi
alla sua causa” commentò l’uomo mentre un sottile filo di
vento gelido gli scompigliava i lunghi capelli color platino.
“Ho persone fidate tra le mie schiere, padre, persone disposte a sacrificarsi
per quello in cui credono” rispose Draco convinto, sapeva di chi stava
parlando.
“Sono i buoni di solito a parlare di amore, definendolo un sentimento
che ti cambia la vita, usando espressioni discutibili e immagini rivoltanti.
Sono convinti che nel nostro mondo non ci sia posto per questo, ci sia posto
solo per noi stessi e per il nostro egoismo, e di certo hanno ragione Draco,
in buona parte hanno sicuramente ragione. Non c’è posto in nessuna
fibra di noi per l’amore come loro lo intendono, i rapporti che abbiamo
tra le nostre famiglie, sono molto diversi dai loro, indiscutibilmente migliori.
Ma questo non vuol dire che tu possa affrontare ogni scelta della tua vita da
solo. Quello che noi siamo chiamati a cercare Draco è un appoggio: ci
saranno decisioni nella tua vita che cambieranno l’esistenza di molti,
anche la tua, e prenderle da solo, senza avere qualcuno di cui poterti fidare
ciecamente, sarà impossibile” disse Lucius fermandosi per un attimo.
Il figlio lo guardava ascoltando ogni parola con attenzione, era un discorso
che non gli sarebbe stato ripetuto, che doveva capire e afferrare ora, o l’avrebbe
perso per sempre; una conversazione dettata da quello che il padre aveva dovuto
passare ad Azkaban, una confessione che portava ampi scorci sugli anni ormai
passati della sua vita, sulle sue scelte, sulle persone di cui si era circondato.
Lucius Malfoy aveva ragione, non c’era posto nelle loro schiere per l’amore
come inteso dai babbani, dai Grifondoro, da quelli che usavano definirsi ‘i
buoni’, quel sentimento che loro tanto decantavano come il più
importante della vita e che credevano fosse sconosciuto alla gente come i Malfoy.
Non era così.
Non era stata solo la convenienza o il volere dei loro genitori a spingere Lucius
Malfoy e Narcissa Black ad unirsi in matrimonio, era stato qualcosa che andava
ben oltre il loro tanto elogiato amore, era stato destino, era stata la naturale
evoluzione del rapporto tra due persone, tra la fiducia e il rispetto che avevano
l’uno per l’altra.
Dall’esterno la casta dei purosangue sembrava una casta prettamente maschile,
o forse maschilista; di certo erano gli uomini ad avere le redini, ma sotto
in un intricato intreccio di persone e personalità si nascondeva molto
di più, si nascondevano gli appoggi e le compagne di ogni singolo Mangiamorte,
di ogni singolo Serpeverde.
Chi avrebbe potuto obiettare il ruolo di Narcissa Malfoy in tutta quella guerra?
L’aver appoggiato costantemente il marito in ogni sua scelta, l’aver
sopportato di vederlo rinchiuso ad Azkaban e l’aver accettato e condiviso
la decisione di Lucius di tornare a capo dei seguaci dell’Oscuro Signore,
nel ruolo che gli competeva e gli spettava di diritto.
Narcissa Malfoy era per il marito molto più che una semplice ombra, era
una presenza costante e sicura, fidata e inarrestabile, era una donna dai principi
saldi e convinti, capace di crescere un figlio come Draco; una donna che si
nascondeva dietro un aspetto etereo e schivo, ma con le qualità di una
vera signora, quale doveva essere.
“Devi avere al tuo fianco molti alleati, ma più di tutto devi avere
al tuo fianco qualcuno che non ti lascerà mai cadere. Molti ti gireranno
le spalle alla prima insicurezza, ma tu devi poter contare su molto di più
che dei semplici tirapiedi” continuò l’uomo girandosi a guardare
il figlio con convinzione, cercando di trovare nei suoi occhi la conferma di
quanto gli aveva appena detto.
“Posso contare sull’appoggio di una persona padre, so che sembra
ancora molto presto per affermare questo ma…”
“Non è mai troppo presto Draco, sono cose che senti immediatamente,
o non le sentirai mai” lo interruppe mettendo in chiaro i dettagli del
discorso che gli aveva appena fatto.
“Posso contare ciecamente sull’appoggio di qualcuno” statuì
il giovane Malfoy con maggiore autorevolezza questa volta, sicuro di quanto
appena affermato.
“E deve essere reciproco Draco, io e tua madre siamo sempre stati uniti
in ogni decisione. Non si parla di amore, si tratta di essere semplicemente
una cosa sola agli occhi di ciò che deve essere fatto…” concluse
mentre il figlio gli rivolgeva un cenno di assenso, ancora assorto nel cercare
di comprendere a pieno quanto appena rivelatogli.
“Dovrai anteporre a te e alla tua vita scelte per il bene della tua causa,
per il bene di Colui che seguiamo ciecamente da anni, e in queste decisioni
non dovrai mai essere da solo, dovrai sempre avere qualcuno capace di guardarti
le spalle anche se credi di poterlo fare da solo” continuò il maggiore
dei Malfoy “Voglio che tu rifletta su quello che ti ho detto Draco, arriverà
nei prossimi mesi il tuo momento di agire, e niente dovrà mettersi tra
te e la scelta che sarai portato a compiere, dovrai avere l’appoggio di
chi ti sta intorno, e dovrà essere un appoggio incontrastato” concluse
allungando per un attimo la punta del suo bastone nella neve e tracciando una
piccola linea, quasi fosse soprapensiero, poi si girò rientrando con
passo ritmico e scandito in casa dove Narcissa aveva ormai ultimato ogni preparativo
e dove stava aspettando l’ormai imminente arrivo degli ospiti.
The bell that rings inside your mind
Is challenging the doors of time
It's a kind of magic
The waiting seems eternity
The day will dawn of sanity
***
“La famiglia Bulstrode” la voce di Phineas Sertamius
risuonò squillante nel salone dei ricevimenti, molti degli invitati erano
già attivati, e l’uomo doveva servirsi di un incantesimo per sovrastare
l’ormai concitato vociare degli ospiti.
Finola e Jude Bulstrode iniziarono a scendere l’imponente scalinata seguiti
dai due figli, Millicent e Rupert, più grande di lei di cinque anni;
i presenti in sala alzarono lo sguardo verso quella che era di certo una delle
più antiche dinastie puro sangue del mondo magico. La signora Bulstrode
aveva i capelli biondi come quelli della figlia, lisci e molto corti, fino a
poco sotto l’orecchio, due grandi occhi scuri e una bocca forse troppo
carnosa e sporgente; il signor Bulstrode era invece un uomo molto alto ed elegante,
dai capelli castani e radi nella parte posteriore del capo, gli occhi chiari
accentuati da un paio di occhiali da vista piccoli e tondi dalla montatura dorata.
Millicent camminava a braccetto del fratello indossando un abito color pesca
lungo e molto semplice, senza decori o ricami pretenziosi, ma di una eleganza
classica e minimalista, il corpetto di tulle arricciato, le maniche leggermente
trasparenti e ampie e la gonna morbida e leggera; Rupert aveva preso qualcosa
da entrambi i genitori, i capelli castani del padre e gli occhi scuri e profondi
della madre, così come le labbra carnose e rosee. Non appena furono arrivati
ai piedi della scalinata Daphne si fece strada tra le persone per andare incontro
all’amica, incantevole in un vestito di seta viola dai ricami orientaleggianti
verdi e dorati, mentre Eveline, la sorella maggiore della famiglia Greengrass
si avvicinò all’ex compagno di scuola Rupert per salutarlo prima
che la famiglia Malfoy arrivasse per dare loro personalmente il benvenuto.
Poco dopo la voce di Phineas risuonò nuovamente nella sala “I signorini
Blaise Zabini, Adrian Pucey e Theodore Nott!” esclamò introducendo
i tre compagni di casa di Draco che erano arrivati separatamente dalle loro
famiglie. Alcune esclamazioni e risatine si levarono dalle ragazze già
presenti tra gli invitati mentre i Serpeverde scendevano decisi le scale dirigendosi
poi verso i padroni di casa per porgere i loro saluti.
“Come mai senza famiglie?” chiese Daphne una volta che gli adulti
si furono allontanati lasciandoli da soli.
“I miei e quelli di Blaise dovrebbero essere già qui” rispose
Adrian guardandosi in giro mentre Draco annuiva facendogli capire di aver visto
entrambe le famiglie.
“I mie arrivano con i Parkinson, avevo detto a Pansy se voleva venire
con noi ma non era ancora pronta” esclamò Theo scrollando le spalle
divertito: conosceva Pansy da anni ed una cosa che poteva affermare con certezza
era che la ragazza non era di certo veloce nei preparativi, soprattutto quando
si parlava di una delle feste in casa Malfoy.
Si divertiva molto a prenderla in giro per questo, a farle notare come fosse
maniacale in ogni singolo particolare quando doveva presentarsi davanti alla
famiglia di Draco, spesso la ragazza rispondeva sbuffando o con una semplice
inarcata di sopracciglio, altre volte ribatteva dicendo che prima o poi lui
avrebbe invocato il suo aiuto per prepararsi per una festa in cui avrebbe voluto
fare una figura impeccabile agli occhi dei genitori di una ragazza, e Theo si
limitava a dirle che al momento il problema non lo riguardava.
“I signori Parkinson, i signori Nott, Timothy Parkinson e Rowena Nott”
esclamò Phineas annunciando i nuovi arrivati dall’alto della scalinata.
Serene e William Parkinson aprivano la fila: vedendo la donna scendere le scale
i ragazzi Serpeverde non poterono non notare ancora una volta la quasi totale
somiglianza con la loro amica, sembravano due gocce d’acqua con la naturale
differenza di età, gli occhi scuri, i capelli lunghi e setosi, la carnagione
olivastra e l’espressione sicura, Serene era di certo il ritratto di cioè
che sarebbe stata Pansy in poco meno di vent’anni. William Parkison procedeva
a fianco della moglie, i capelli scuri e folti, lunghi come quelli di Lucius
Malfoy, facevano da contorno a un viso magro e proporzionato in cui spiccavano
due meravigliosi occhi verdi, che il figlio Timothy aveva fortunatamente ereditato
dal padre. Tim era infatti molto simile alla madre come lineamenti del viso
ma lo sguardo era sicuramente quello di William, non solo per espressività,
ma anche per colore e taglio degli occhi.
I signori Nott seguivano, vestiti entrambi di grigio perla, colore che Castalia
Nott prediligeva visto il bianco candido dei lunghi capelli che le scendevano
sulle spalle e il colore cristallino degli occhi. James Nott aveva invece una
chioma corvina, riccia ma composta e gli occhi color nocciola, dal taglio grande
e leggermente ovale. Rowena, la figlia maggiore aveva i capelli castani come
il padre ma gli occhi azzurri della madre, e da lei aveva preso anche la figura
slanciata e longilinea, così come l’eleganza nei gesti e l’espressione
dolce dei tratti del viso.
“Merda ho perso la scommessa!” sentenziò Blaise cacciando
le mani in tasca leggermente scocciato, mentre continuava a fissare la scala
da cui stavano scendendo gli ospiti appena annunciati.
“Scusa?” gli chiese Millicent incuriosita con un sorriso divertito
e le braccia incrociate al petto.
“Avevo scommesso con Pansy che questa volta non sarebbe riuscita a fare
la sua solita entrata scenica e solitaria…” rispose il ragazzo guardando
gli amici leggermente abbattuto, mentre tutti si mettevano a ridere.
“Blaise, fate questa scommessa ogni anno, e ogni anno per un motivo o
per l’altro Pansy riesce a ritardare il suo ingresso, non farlo con la
famiglia ma farlo da sola, dando sfogo a quel suo adorabile egocentrismo!”
rise Daphne che ben conosceva l’amica e il suo desidero di mettersi in
mostra, lo conosceva molto bene, e lo condivideva su tutta la linea.
“La signorina Pansy Parkinson” di nuovo Phineas portò la
bacchetta alla gola per amplificare la sua voce e annunciare l’arrivo
dell’ultima Serpeverde che mancava all’appello.
Pansy era in cima allo scalone con un’espressione soddisfatta, forse per
aver vinto la scommessa con Blaise, forse perché in quel momento gli
sguardi dell’intera sala erano puntati su di lei; iniziò a scendere
i gradini con passo lento e sicuro alzando leggermente l’orlo del vestito
per non inciamparvi. Portava un ambito di velluto verde che richiamava i modelli
medievali, il corpetto decorato in oro si stringeva sotto il seno con un laccio
intrecciato e molto stretto, le maniche erano leggermente a sbuffo e ricamante
con fili dorati, la gonna scendeva poi morbida fino ai piedi perdendosi in mille
pieghe cangianti sotto la luce dei lampadari di cristallo.
Draco iniziò a camminare tra i presenti in sala per avvicinarsi al fondo
della scalinata, rimanendo leggermente in disparte, muovendo un passo avanti
solo nel momento in cui Pansy si trovò vicina agli ultimi gradini e porgendole
la mano per aiutarla a scendere inscenando poi un elegante baciamano a cui la
ragazza sorrise compiaciuta.
I due raggiunsero poi la famiglia Parkinson che stava conversando con i padroni
di casa.
“Pansy ben arrivata” sorrise Narcissa salutando la ragazza con sguardo
vivace.
Narcissa Malfoy aveva per lei una vera e propria predilezione: considerava Pansy,
come la migliore ragazza che avrebbe mai potuto vedere al fianco del figlio,
per la presenza indiscutibilmente elegante ma anche per il carattere forte e
deciso che aveva saputo dimostrare in molte occasioni. Non avendo figlie femmine
infatti la signora Malfoy amava rivedere se stessa nella ragazza, con la stessa
fierezza e la stessa forgia dei suoi sedici anni.
“Buona sera Pansy” fece eco alla moglie Lucius con una espressione
compiaciuta e soddisfatta, approvava la scelta del figlio, naturalmente l’approvava,
visto che altrimenti sarebbe stata una scelta che Draco non avrebbe mai potuto
compiere.
“Signora Malfoy, Signor Malfoy” rispose lei accennando un rispettoso
inchino “E’ un piacere riaverla tra noi” continuò poi
rivolta a Lucius con tono deciso.
“Ti ringrazio, è un piacere essere tornato a fare parte della società”
rispose l’uomo con un cenno d’assenso, con cui congedava i ragazzi
dando loro il permesso di raggiungere nuovamente i compagni.
Draco le porse il braccio allontanandosi dalle loro famiglie “Ti stava
guardando chiunque mentre scendevi le scale” commentò tenendo lo
sguardo fisso in avanti e salutando saltuariamente qualcuno con un cenno del
capo “Anche Kyle Montague” aggiunse facendo cenno a Tracey Davies
che stava bevendo qualcosa con uno dei suoi fratelli di unirsi al gruppo poco
distante.
“Che gusto ci sarebbe stato a passare inosservata?” rispose la ragazza
con una punta di orgoglio, le piaceva sentire da lui certi commenti, le piaceva
sapere che niente sfuggiva al suo controllo e al suo sguardo.
“Giusto…” sorrise lui spostando per un attimo gli occhi su
di lei “…dimenticavo quanto ti piace stare al centro dell’attenzione”
continuò con tono ironico.
“Un simile commento da un Malfoy… credevo non sarei vissuta abbastanza
per sentirlo!” scherzò mettendosi a ridere e strappando un sorriso
anche al ragazzo nel momento in cui raggiunsero il resto del gruppo.
“Cosa ti deve quest’anno?” chiese Millicent divertita indicando
Blaise con un cenno del capo e alludendo alla loro scommessa.
“Una delle sue due magliette degli Appleby Arrows autografate da Meghan
McCormack!” rispose Pansy molto soddisfatta.
Sì, era una fan del quidditch, una vera e propria fan, e non solo a livello
platonico, visto che lei e Millicent facevano parte della squadra della loro
casata, a Hogwarts.
Forse sembrava strano pensare che due ragazze come loro potessero avere una
simile passione, condivisa naturalmente anche da tutti i ragazzi, ma invece
era proprio così, erano grandissimi appassionati di quidditch, ed erano
tutti tifosi degli Appleby Arrows. Tutti a parte Daphne, che riteneva il quidditch,
sue testuali parole, ‘uno sport in cui uno sciame di svolazzanti imbecilli
rincorrevano delle orribili palline rumorose, anche se a volte i giocatori erano
davvero carini’.
Più e più volte il gruppo aveva cercato di portarla a qualche
partita, ma lei si era quasi sempre rifiutata, e quando aveva accettato era
rimasta seduta sugli spalti a fissare la partita poco convinta o a guardare
i ragazzi della curva opposta con il proprio binocolo.
“Hey ma la maglietta l’avevi promessa a me!” si lamentò
Theo guardando male Blaise che scrollò le spalle.
“Spiacente, ormai è sua!” commentò l’amico rivolgendo
uno sguardo truce a Pansy che invece lo guardava tutta soddisfatta.
Meghan McCormack era la miglior giocatrice del campionato inglese, una donna
capocannoniere della stagione fino a quel momento: aveva messo a tappeto tutti
i cercatori delle altre squadre dimostrandosi di gran lunga la migliore, e Pansy
e Millicent la ammiravano molto, non era infatti così diffusa una tale
superiorità femminile nel gioco del quidditch.
Dopo aver parlato un po’ di sport ed aver come al solito battibeccato
su chi era o non era il migliore giocatore della squadra o della stagione i
ragazzi decisero di spostarsi nella zona buffet della sala, zona in cui Blaise
e Adrian, come sempre, avrebbero potuto dare libero sfogo alla propria ingordigia.
Come da copione, infatti, iniziarono tutti a mangiare, prendendoli un po’
in giro e ridendo su alcune delle ultime figure fatta a scuola da Potter e compagnia;
era davvero un’atmosfera inusuale per il gruppo selle Serpi, o almeno
così poteva sembrare a un occhio inesperto. In realtà erano pur
sempre adolescenti intenti a frequentare la scuola, alle prese con i problemi
che generalmente si trovano ad avere tutti i sedicenni; di certo il loro ruolo
era molto diverso dal normale, appartenevano tutti a famiglie molto importanti
nel panorama magico, famiglie impegnate in una sola e unica causa, la Sua causa,
quella del Signore Oscuro, ma in questi momenti piaceva loro pensare di potersi
dimenticare del resto, e vivere semplicemente come ragazzi della loro età,
scherzando e ridendo tra loro nella più completa normalità.
Erano ormai le undici quando Blaise Zabini uscì in giardino per prendere
un po’ d’aria, o meglio, per fumare una sigaretta; si allontanò
dalla parte visibile dalle vetrate per sfuggire agli sguardi dei suoi e degli
altri genitori e si diresse verso gli scalini davanti all’entrata della
serra; prese posto tirando fuori il suo pacchetto di sigarette e se ne accese
una.
“Posso scroccare?” la voce di Millicent risuonò davanti a
lui facendogli alzare la testa, sorrise vedendola lì a braccia incrociate
forse per il freddo e poi annuì facendole cenno di sedersi accanto a
lui, prima di porgerle una sigaretta.
Millicent la mise fra le labbra sporgendosi poi per avvicinarsi alla fiamma
dell’accendino di Blaise e inspirò subito dopo una lunga boccata
di fumo.
“Pansy e Draco sono scomparsi da qualche parte e Daphne come al solito
si è avvinghiata a mio fratello!” rise la ragazza stendendo le
gambe in avanti fino a toccare con i piedi la neve e rabbrividendo un attimo.
Blaise si lasciò scappare una risata togliendosi la giacca e mettendogliela
sulle spalle “E’ un insopportabile clichè questo, lo sai
Bulstrode? Voi ragazze che vi mettete sempre questi leggerissimi vestitini,
che per carità vi stanno benissimo, ma poi morite di freddo ed ecco che
reclamate implicitamente l’arrivo di una giacca maschile!” scherzò
girandosi per guardarla molto divertito.
Millicent scosse la testa facendo cadere sul viso qualche ciocca dei suoi lunghi
capelli biondi, poi portò di nuovo la sigaretta alle labbra inspirando
profondamente.
“Ripeto quanto detto alla festa ad Hogwarts, preferiresti vedermi con
un vestito modello Granger, o ancora peggio McGrannit?” propose la ragazza
sistemandosi la giacca sulle spalle e piegando ancora le ginocchia fino a portare
le gambe contro il petto.
“Non mi lamento assolutamente del vestito scelto, giuro!” rise lui
lanciando nella neve la sigaretta e facendola poi scomparire con un rapido gesto
della bacchetta; “Ho una cosa per te…” aggiunse poi allungandosi
per frugare nella giacca che le aveva dato poco prima e tirandone fuori un piccolo
pacchetto dalla carta grigio scuro che le porse con un sorriso.
“Blaise! Abbiamo detto di scambiarci i regali domani mattina in sala comune,
no?” rise la ragazza prendendo il regalo e iniziando a giocare con il
nastro blu.
“Questo lo apri adesso…” statuì lui con un cenno del
capo prima di portare lo sguardo su di lei che sorrise. Era imbarazzata da questo
gesto, di certo il più diretto che Blaise avesse mai fatto nei suoi confronti,
e per questo si era trovata leggermente spiazzata; tutte sensazioni che difficilmente
si addicevano a Millicent Bulstrode, ma in questo momento mentre se ne stava
seduta sugli scalini ghiacciati della serra con lui, con in mano quel pacchettino
non poteva negare che erano proprio quelli i sentimenti che provava.
Iniziò a scartarlo e aprì poi la scatolina scura, dentro c’era
un accendino babbano, d’argento, una M di pietre verdi incastonata sopra.
“Lo so che è babbano, ma è comodo! E poi così smetti
di rubare il mio!” rise il ragazzo mentre lei rigirava l’oggetto
tra le mani guardandolo con attenzione: era pesante e molto bello, per niente
pacchiano, ma anzi decisamente elegante, qualcosa che riusciva perfettamente
a immaginarsi in mano sua, qualcosa che le si addiceva perfettamente.
“Grazie, è bellissimo!” sorrise girando la testa “Dovrò
ricominciare a fumare molto di più d’ora in poi!” scherzò
scuotendo la testa, prima di fermarsi e sporgersi verso di lui stampandogli
un semplice bacio sulla guancia appoggiando poi la testa sulla sua spalla “Dobbiamo
per forza fumarne un’altra, per inaugurare!” aggiunse prendendo
il pacchetto di Blaise e mettendogli una sigaretta tra le labbra prima di accenderla
con il suo nuovo regalo, facendo subito dopo lo stesso per lei.
“Buon Natale!” rise lui alzando la sigaretta in una specie di improvvisato
brindisi.
“Buon Natale!” rispose la ragazza toccando con la sua quella di
Blaise mentre entrambi si mettevano a ridere.
***
“Ho una cosa per te…” disse Draco mentre
Pansy girava la testa per guardarlo.
Erano in un piccolo gazebo nascosto alla vista del resto del parco, sul limitare
sinistro del bosco della tenuta Malfoy, era di legno bianco, e vista la temperatura
numerosi ghiaccioli pendevano dal bordo del tetto; c’era un completo silenzio,
così strano per una festa tanto affollata, ma il resto degli ospiti era
lontano e non si sentiva alcuna voce né alcun rumore.
I due ragazzi si erano allontanati da quasi mezzora per sfuggire a una conversazione
improponibile con Marcus Flint e sua sorella, avevano finto di dover assolutamente
andare a cercare Millicent, che invece avevano visto, mentre camminavano verso
il gazebo, sugli scalini della serra con Blaise.
Stavano seduti a terra, Draco aveva la schiena sorretta dalla piccola balaustra
di legno, una gamba stesa e una piegata, con il polso appoggiato al ginocchio,
Pansy stava seduta contro di lui con le testa reclinata sulla sua spalla.
“Qualcosa per me…” commentò pensierosa “…qualcosa
come un regalo?” continuò con un sorriso a cui il ragazzo rispose
con un cenno di assenso prima di tirare fuori la bacchetta e far apparire un
pacchetto a terra poco distante da loro.
Vedendolo gli tornò in mente la lettera che suo padre gli aveva spedito
il giorno della festa di Natale a Hogwarts, e le parole che gli aveva detto
anche quella sera, sarebbe arrivato il suo momento, anche lui avrebbe avuto
una parte nella storia, anche lui sarebbe servito alla causa. Sapeva che questo
voleva dire che prima o poi sarebbe stato reclutato per una delle missioni dei
Mangiamorte, non sapeva quando ma sapeva che sarebbe successo.
Era stato dopo aver letto quello che il padre gli aveva scritto annunciandogli
la sua liberazione da Azkaban che aveva cambiato il suo regalo di Natale per
Pansy, prendendo quello che ora era impacchettato sotto la carta verde.
Lo prese e lo porse alla ragazza.
“Aprilo…” disse a bassa voce mentre lei iniziava a slegare
il nastro argentato lasciandolo ricadere a terra prima di rompere la carta lucida;
aprì la scatola blu e sollevò i due fogli di carta velina che
crepitarono tra le sue dita, dentro, adagiato sopra una imbottitura color crema,
c’era un braccialetto.
Era semplice, sulla parte anteriore c’era un cameo di pietra dura verde,
liscia e screziata da venature più scure, il bordo era d’argento
così come il resto del gioiello composto da due bande di metallo rigido
che di richiudevano con un piccolo gancio di pietra nera.
Pansy lo rigirò tra le mani guardandolo incantata.
This flame that burns inside of me
I'm here in secret harmonies
It's a kind of magic
“Non è un semplice braccialetto…”
le spiegò il ragazzo passandole un braccio attorno alla vita e sporgendosi
un po’ in avanti mettendo una mano in tasca e tirandone fuori una pietra
verde, identica a quella del bracciale, attaccata a una finissima catenina d’argento.
“Sono due metà della stessa gemma, recitando le parole incise sul
retro, una rispecchia ciò che accade davanti all’altra. Non si
possono usare per comunicare, ma si possono usare per vedere…” le
spiegò mentre lei girava la pietra per vedere la formula.
“Stai progettando di andare da qualche parte Malfoy?” chiese girando
lo sguardo incontrando i suoi occhi verde chiaro in cerca di una risposta.
Draco non disse nulla, perché non aveva nulla da dire.
No, lui non stava progettando di andare da nessuna parte, ma forse qualcuno
lo stava progettando per lui, e di certo sarebbe stata una decisione a cui non
avrebbe potuto opporsi.
Pansy si sporse appoggiando le labbra su quelle del ragazzo che istintivamente
alzò una mano affondandola nei suoi capelli per avvicinarla a sé.
“Resta qui stanotte…” disse lui con la voce ridotta a un sussurro
senza quasi staccarsi da lei, con gli occhi semichiusi, come se in quel momento
non avesse bisogno della vista.
“I nostri genitori non sarebbero molto d’accordo” rispose
la ragazza tornando ad attaccare la sua bocca, “Torna a Hogwarts con me”
continuò poi staccandosi di nuovo.
“Non posso, mio padre vuole che resti, fino a Capodanno” sospirò
lui scuotendo impercettibilmente la testa lasciandole scorrere una mano lungo
i contorni del viso prima di venire interrotto dal un rintocco della campana
che annunciava che mancava un solo quarto d’ora a mezzanotte.
“Dobbiamo tornare, o probabilmente tuo padre ti vorrà qui fino
a Capodanno dell’anno prossimo…” scherzò la ragazza
prima di mettersi il braccialetto e rimirarlo “E’ bellissimo comunque…”
sorrise iniziando ad alzarsi insieme a lui.
“Potrò sempre controllare la tua distanza da Kyle Montague”
commentò lui a bassa voce con quel così tipico sorriso alla Malfoy
mentre lei inclinava la testa guardandolo divertita.
“Dovrò imparare a togliermelo!” disse scoppiando a ridere
mentre si incamminavano nella neve verso il corpo centrale della casa, dove
si trovavano tutti gli altri invitati; arrivarono poco dopo trovando il resto
del gruppo e fermandosi a parlare finchè improvvisamente tutte le luci
della casa e del parco si spensero.
La folla di persone alzò contemporaneamente gli occhi verso il cielo:
nel momento in cui la campana della torre della tenuta Malfoy iniziò
a suonare i dodici rintocchi della mezzanotte le stelle sembrarono oscurarsi
e migliaia di Magileotteri Lucentari vennero liberati dai servitori e iniziarono
a librarsi nell’aria colorati e lucenti come fuochi d’artificio.
I Magileotteri erano piccoli insetti luminosi, capaci di assumere qualunque
colore desiderassero, vivevano in sciami di migliaia di esemplari e venivano
addestrati dai maghi a comporre del cielo le figure più lucenti e disparate.
In questo momento si poteva scorgere un enorme sole aranciato che poi esplose
come in un pioggia che iniziò con le tonalità del rosso e divenne
sempre più fredda fino a diventare verde e poi azzurra. Gli animaletti
volarono in basso fino quasi a sfiorare le teste dei presenti e poi ripresero
quota formando un altro disegno, alcuni si unirono per formare delle grandi
nuvole argentate, altri in minuscole formazioni diventarono centinaia di fiocchi
di neve che sembravano nevicare splendenti sopra la folla degli ospiti che ridevano
ed osservavano estasiati le meravigliose creazioni.
Ancora un volta i Magileotteri volarono in alto per prendere un’altra
forma, questa volta diventarono decine e decine di fuochi d’artificio
perpetui, ogni volta che uno si spegneva se ne accendeva un altro permettendo
agli altri piccoli insetti di guadagnare le posizioni originari e riaccendersi
di nuovo e così via, senza sosta, illuminando il cielo notturno di ogni
colore e rispecchiandosi sul lago ghiacciato della tenuta Malfoy e sull’enorme
coltre di neve che ricopriva il giardino.
“Potrei chiedere di far scrivere ai Magileotteri la scritta ‘Blaise
ha perso anche quest’anno’…” scherzò Pansy girando
la testa verso Draco che si trovava dietro di lei, le braccia attorno alla sua
vita e gli occhi verso il cielo ad osservare l’intrattenimento che i suoi
genitori avevano creato per gli ospiti. Sentendo il commento della ragazza non
riuscì a non mettersi a ridere, sapeva che prima o poi Pansy avrebbe
sfruttato una simile idea, probabilmente proprio con il povero Blaise.
Pansy era sempre stata un tipo originale per certe cose, fin da bambina, quando
si trovavano nei giardini di casa sua, o di Theo, o di uno qualunque della compagnia
e lei veniva sempre fuori con delle idee stranissime per giocare, o per fare
qualche fetida pozione da far bere agli animali della fattoria dietro casa di
Adrian.
Sì, si conoscevano tutti fin da quando avevano all’incirca dieci
anni o poco meno, ma lui non aveva mai badato molto le ragazze una volta entrato
ad Hogwarts, era stato troppo impegnato a far capire chi era, e chi comandava,
ed inoltre si sentiva molto più grande e maturo di loro, anche se magari
senza fondamento; soltanto nel corso del terzo anno, dopo quel famoso incidente
tra Pansy e Clarence Goodwin si era reso conto che non aveva più a che
fare con le bambinette che giocavano a fare inutili pozioni nel giardino di
casa, aveva rivalutato Pansy e con lei anche Millicent e Daphne, così
si era creato il loro gruppo.
Ricordava bene la prima volta che l’aveva conosciuta, mentre era alle
prese con quell’enorme pentolone puzzolente, i suoi genitori dovevano
parlare con i Nott, e lui era andato con loro sperando di trovare Theo e giocare
con lui; avevano nove anni ed era giugno inoltrato…
*_*_* Sette anni prima *_*_*
“Ciao Theo” la voce del bambino biondo appena
arrivato nel giardino di casa Nott risuonò tra le mura del porticato,
mentre il padrone di casa alzava la testa dall’enorme calderone su cui
stava giocando insieme a un’amica dai lunghi capelli scuri che si distrasse
un attimo per scrutare il nuovo arrivato.
“Ciao!” rispose Theo appoggiando la bacchetta sulla sedia e alzando
poi la mano in cenno di saluto, prima di dare un’altra occhiata alla pozione
ribollente nella pentola davanti a loro.
“Cosa state facendo?” chiese il biondino avvicinandosi incuriosito
e sporgendosi un attimo per osservare il liquido violaceo e puzzolente con cui
i due bambini stavano giocando.
“Stiamo preparando una potentissima pozione” rispose la bambina
spostandosi una ciocca di capelli dietro l’orecchio prima di prendere
una boccetta di vetro azzurro e versarne il contenuto nel calderone producendo
una zaffata di fumo grigio e giallo.
“Bleah questa cosa puzza! Cosa c’è dentro?” continuò
con aria schifata l’ultimo arrivato.
“Tutti gli scarti della dispensa magica di mio padre, e anche delle cose
che Millicent ha rubato a suo fratello, cose che usa a Hogwarts” rispose
Theo buttando una foglietta di Edera Magica nel pentolone prima di accorgersi
che non aveva ancora fatto le dovute presentazioni “Draco lei comunque
è la mia amica Pansy” disse guardando prima uno poi l’altro.
“Draco…” disse lei poco convinta.
“Pansy…” esclamò lui in contemporanea.
“Che nome stupido!” continuarono i due all’unisono fissandosi
e rimanendo poi in silenzio per una manciata buona di secondi.
“Posso aiutarvi? Ho delle scaglie di Salamandra Strisciata se volete…”
disse poi il biondino come se niente fosse, tirando fuori dalla tasca del mantello
una sacchettino di velluto rosso scuro “E anche due occhi di rana…”
continuò tutto soddisfatto.
“Buttali dentro” disse la bambina guardandolo con gli occhi scuri
e abbozzando un sorriso “Ma uno alla volta che poi se schizza e ci macchiamo
la mamma di Theo rompe!” continuò mentre Draco annuiva buttando
i primo degli occhi di rana nel calderone.
Tutti e tre si sporsero in avanti curiosi di sapere cosa sarebbe successo.
“Novità?” una voce risuonò alle loro spalle facendoli
sobbalzare.
“Cretina, mi hai fatto prendere un colpo!” sbottò Pansy guardando
male la ragazza bionda che si era unita a loro intorno al calderone.
“Ciao Draco!” disse lei ignorando il commento della moretta che
continuava a fissarla imbronciata.
“Ciao Millicent” la salutò lui tornando poi a guardare la
pozione “Si sta spappolando…” commentò guardando l’occhio
di rana che ribolliva nel liquido viscido.
“Metti l’altro!” propose Theo abbassandosi per prendere una
scatoletta “Poi io ci metto una Lumaca Blu Bicornuta…” aggiunse
ricevendo da tutti un cenno di assenso.
“Ma a cosa dovrebbe servire questa pozione?” chiese il piccolo Malfoy
buttando anche il secondo occhio di rana che a differenza del primo iniziò
a gonfiarsi diventando grosso quasi come una pluffa prima di esplodere schizzando
un po’ ovunque.
“Non lo sappiamo, però tanto bene non deve fare…” disse
Millicent rubando la Lumaca a Theo e guardandola schifata “Pensavamo di
darla a mio fratello così la dà a bere a uno di quei Grifondoro
della sua scuola…” spiegò lasciando cadere la Lumaca che
stava iniziando a dimenarsi e a emettere rumori decisamente fastidiosi.
“Magari li trasforma in Luppoli della Savana” disse Pansy ridendo,
“sai che bello!”
“O magari in un Procione Svedese Carnivoro…” propose Draco.
“Mio zio Winfred ne aveva uno…” disse a sua volta Theo osservando
sempre più interessato la loro ribollente creazione.
Millicent prese uno degli enormi mestoli di legno e iniziò a mescolarla
“Dobbiamo farla assaggiare a qualcuno…” commentò pensierosa.
“Io non la bevo!” dissero gli altri tre all’unisono, sospettosi
e guardinghi verso le idee poco ortodosse dell’amica.
“Perché non la facciamo bere a uno dei tuoi stupidi elfi domestici,
Theo?” propose Pansy incrociando le braccia e guardando a turno tutti
i suoi compagni di pozione.
“Tanto anche se uno sta male non importa a nessuno e vediamo cosa fa”
aggiunse Draco scrollando le spalle.
“Ok, mettiamone un po’ nella boccetta!” convenne Theo prendendo
il mestolo e versando in una bottiglietta un po’ del liquido rivoltante.
“E se muore?” ipotizzò Millicent mentre si incamminavano
tutti affiancati verso casa di Theo.
“Mamma ne comprerà un altro…” rispose lui con naturalezza
e gli altri non trovarono nulla da obiettare, era di certo un’ottima risposta.
Magic, it's a kind of magic
It's a kind of magic
Magic, magic, magic, magic
Ha ha ha, it's magic
It's a kind of magic
Credits: la canzone usata è "It's
a kind of magic" dei Queen
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