CAPITOLO 1

Snakes in the basket
Standing at the beginning

<<Snakes in the basket
Lie to lead you astray
Snakes in the basket
Force to make you betray
Your innermost truths hid away>>

La sala comune era scura come al solito, il fuoco scoppiettava nel camino, cercando, anche lui, di fare il minor rumore possibile, come se volesse rispettare i pensieri e i desideri di chi gli stava di fronte.
Non era una bella giornata, non c’era il sole, faceva freddo, un freddo terribile, il cielo era di un indecifrabile grigio-biancastro che prometteva la caduta di una consistente coltre di neve e Pansy se ne stava lì davanti al fuoco, leggendo distrattamente un libro, girando le pagine una dopo l’altra, seguendo il filo della storia solo parzialmente.
Le vacanze di Natale erano ormai alle porta, quattro o cinque giorni al massimo e la scuola si sarebbe finalmente interrotta per due intere settimane; era di pessimo umore per svariati motivi, non ultima la discussione che si era tenuta poche ora prima proprio in quella Sala.
Una litigata che aveva coinvolto alcuni Serpeverde tra cui lei, Millicent, Blaise, Theodor, Tiger, Goyle e naturalmente anche lui: Draco.
Anzi era stato proprio lui ad innescare il tutto con una delle sue tante pungenti battutine da padrone del mondo, l’ennesima battutina rivolta verso di lei; a volte avere una simile confidenza con Draco non portava a niente di buono, anzi portava a continui battibecchi, continui commenti e osservazioni, continue occhiate di sfida.
Sì perché lei poteva.
Se qualcuno avesse osato aprire bocca per redarguire Draco Malfoy su una qualunque cosa sarebbe probabilmente finito schiantato contro un muro in meno di una manciata di secondi, come più volte era successo a Theo, a Tiger, Goyle o a quelle stupide matricole del primo o secondo anno che avevano la presunzione di poter aprire bocca davanti a lui, davanti a voi.
Ma lei poteva.
Poteva squadrarlo da capo a piedi con disapprovazione.
Poteva ridere a qualche sua frase stupida.
Poteva inarcare con noncuranza un sopracciglio disapprovando il suo abbigliamento.
Lei poteva.
Era un mutuo accordo tra di loro, tra i Serpeverde, Draco era indubbiamente il leader, la persona a cui ogni richiesta andava fatta, perché senza il suo consenso non era possibile muovere un muscolo nella loro casta, lui era un Malfoy lui decideva cosa andava fatto e cosa non andava fatto, ma quello che forse la gente non sapeva era che gli uomini Serpeverde facevano di certo capo a lui, ma per le donne, e non solo, il discorso era diverso…
Per quanto tutte fossero indubbiamente soggette alla forte personalità di Draco e alle sue scelte, fin da subito nelle schiere femminili un altro personaggio si era imposto come alterego del giovane Malfoy, qualcuno di altrettanto arrogante, qualcuno di altrettanto incisivo, di altrettanto autoritario: Pansy.
A tutti nelle schiere Serpeverde era bastato un solo sguardo per capire che matricola o no, in quel primo anno sotto i lunghi capelli corvini e dietro gli occhi verde scuro si celava qualcosa contro cui era meglio non mettersi contro, uno spirito nascosto dietro una apparente timidezza usata come scudo iniziale nei confronti di tutte le persone.
Draco si era subito rivelato per quello che era: un Malfoy.
Anche con i ragazzi più grandi fin dal suo primo anno si era fatto strada nella gerarchia Serpeverde, guadagnando i loro consensi, la loro approvazione, entrando immediatamente nella squadra di Quidditch, facendo subito capire che nessuno poteva dargli ordini o dirgli quello che doveva o non doveva fare, grande o piccola che questa persona fosse.
Per Pansy la storia era stata totalmente diversa: era rimasta nell’ombra ad osservare le persone a conoscerle, a studiarne i punti deboli e quelli di forza, si era fatta le giuste amicizie senza farsi notare per tutti i primi due anni di scuola, rimanendo solo la piccola Pansy, la ragazza dagli occhi torbidi e dal sorriso evanescente.
Era stato solo al momento giusto che aveva messo le cose in chiaro, una sera, all’inizio del suo terzo anno si trovavano tutti nella Sala Comune Serpeverde, Clarence Goodwin del settimo anno, si era pesantemente lasciato cadere sul divano accanto a lei, distogliendola da una lettura in cui lei era totalmente immersa. Pansy aveva semplicemente alzato la testa per fissarlo mentre lui sciolinava frasi di dubbio gusto e patetici tentativi di approccio, dopo pochi istanti si era alzata chiudendo rumorosamente il suo libro e cercando un posto più tranquillo, e in quel momento Goodwin aveva commesso l’errore che difficilmente si sarebbe dimenticato.
Si era alzato a sua volta prendendola per un polso, chiedendole non troppo educatamente se si divertiva così tanto a fare la ‘Verginella schizzinosa’, nell’arco di una manciata di secondi Pansy l’aveva colpito con una ginocchiata allo stomaco e un violento manrovescio al viso, facendolo finire per terra prima di finirlo con un Petrificus Totalus, che l’aveva lasciato agonizzante sul pavimento per oltre due ore.
Nella sala era sceso il silenzio, e un semplice sorriso di soddisfazione si era aperto sulle labbra della ragazza nel momento in cui l’intero gruppo dei Serpeverde si era scostato per farla passare mentre si dirigeva verso i dormitori femminili, tutto il gruppo compreso Draco, che le aveva rivolto un’occhiata complice e divertita.
Quello era stato il momento in cui l’intera casata Serpeverde aveva capito di non avere un solo leader, ma di dover temere anche gli occhi scuri e ammaliatori della piccola Parkinson.
Era stato Draco per primo, il giorno dopo, a sedersi accanto a lei a colazione, iniziando a renderla partecipe di un piano contro l’odioso Potter, che stavano organizzando per quella sera stessa, e il gelo era sceso a tavola quando Pansy aveva osato contraddire Malfoy, proponendo la sua idea per realizzare lo scherzo come migliore e più efficace; Draco l’aveva squadrata per un attimo, decidendo se concederle o meno il beneficio del dubbio, cosa che aveva infine deciso di fare.
E non se n’era pentito nemmeno per un istante, soprattutto nel momento in cui Potter e i suoi tirapiedi erano stati sbattuti in punizione da Piton grazie alle idee della sua nuova intrigante alleata.

<<We were strangers, starting out on a journey
Never dreaming, what we'd have to go through
Now here we are, I'm suddenly standing
At the beginning with you>>

“Hai intenzione di tenere il muso per il resto della tua vita?”
La voce di Millicent risuonò alla sua destra facendola girare verso l’amica che la fissava seduta sul bracciolo del divano con una espressione saccente e incuriosita, le braccia incrociate al petto e gli occhi cristallini fissi su di lei.
“A te probabilmente sì vecchia strega!” tuonò la brunetta girando l’ennesima pagina del libro senza aver nemmeno finito di leggere.
“Sei permalosa Parkinson, e insopportabile…” rispose la Bullstrode con tono di sfida lasciandosi cadere accanto a lei in maniera elegante.
Millicent Bullstrode.
Si dice a volte che esistano delle anime gemelle, delle persone assolutamente in sintonia in tutto e per tutto, persone a cui basta uno sguardo per capirsi e sapere cosa fare; si dice di solito di un uomo e una donna, di una coppia che si completa a vicenda, ma in questo caso, in questo particolare frangente, non c’era espressione più adatta per indicare il legame tra le due ragazze che si stavano ora scambiando uno sguardo arrogante l’una verso l’altra.
Si conoscevano da sempre, da quando avevano coscienza del mondo, le loro madri erano amiche fin dai tempi della scuola, e i loro padri in affari l’uno con l’altro; avevano mosso insieme i primi passi, detto insieme le prime parole, frequentato insieme lezioni di pianoforte, di danza e di equitazione, avevano frequentato le stesse compagnie, le stesse feste e poi naturalmente, la stessa scuola nella stessa casata: Serpeverde.
Millicent infatti non era da meno di Pansy in nulla, nemmeno nella scala gerarchica della loro casata, ad Hogwarts, lei era semplicemente al fianco di Pansy, come arroganza, come determinazione, come odio verso i Grifondoro e la loro schiera di pezzenti, come rispetto che le altre persone, tutte, avevano nei suoi confronti.
Era assai frequente vederle camminare fianco a fianco lungo i corridoi del castello, precedute dal sordo ticchettio dei tacchi delle loro scarpe con a seguito le altre ragazze Serpeverde e subito dietro un nugolo di tirapiedi di quasi ogni casata, Grifondoro esclusi, pronti a scattare ad ogni loro cenno.
“Io sono permalosa Bullstrode, ma tu sei una vecchia megera che morirà zitella!” ribatté Pansy spostandosi con noncuranza una ciocca di capelli dietro l’orecchio mascherando appena un sorriso divertito.
“Stavamo solo puntualizzando il fatto che Draco aveva tutte le ragioni di questo mondo per schiantare quell’inutile Tassorosso dopo il commento che aveva fatto su di te…” puntualizzo Milly scrollando le spalle con noncuranza.
“Come se io andassi dietro agli stupidi commenti scontati di un inutile Tassorosso…” sorrise l’amica chiudendo il libro e girandosi per guardare la bionda.
“Ti piace, eh? Questo suo essere terribilmente possessivo?” scherzò Millicent mettendosi a ridere e Pansy con lei non riuscendo a farne a meno.
“Da morire…” commentò avvicinando la testa a quella della compagna di casata, abbassando il tono di voce come se le stesse rivelando un segreto, “…mi scopro ad essere più ragazzina di quanto non vorrei essere…!” continuò con uno sguardo d’intesa.
Non c’era dubbio su questo: Draco era possessivo, ai limiti dell’umana sopportazione.
Non era plateale, questo mai, ma era subdolo, e diretto, capace di far capire a tutti quando la cosa lo irritava, quando un gesto era andato oltre il limite consentito, quando un commento era arrivato dove non sarebbe mai dovuto arrivare.
Perché Pansy era fuori dalla portata di tutti, questa era una cosa che Draco aveva voluto mettere subito in chiaro, fin da quando aveva iniziato a considerarla come un’alleata, molto prima che diventasse la sua ragazza.
La sua ragazza.
Non era un termine che né Draco né Pansy avevano mai usato per definirsi, loro erano, e basta.
Non si potevano definire amanti semplicemente, perché c’era qualcosa di molto di più di quello che appariva; se gli altri li consideravano tali era solo perché loro volevano che fosse così.
Erano nato tutto naturalmente, come se fosse il naturale sviluppo di una amicizia tra le due persone che avevano indiscutibilmente il comando.
Nel corso nel terzo anno erano diventati i punti di riferimento della casata dei Serpeverde, gli organizzatori degli scherzi, delle feste clandestine, erano loro a gestire quel commercio nascosto di alcolici che rendeva le feste dei Serpeverde decisamente migliori di quelle di ogni altra casata; erano loro a organizzare le fughe notturne a Hogsmade con Millicent, Blaise, Daphne e Theo, le ore passate a bere e ridere a “I Tre Manici di Scopa”, tornando a Hogwarts barcollanti, intenti a cercare di non far rumore e a non essere scoperti, minacciando le matricole addormentate nella sala comune di non far mai parola delle loro scappatelle.
Era diventato un rapporto in cui bastava uno sguardo per capirsi, un gesto per sapere cosa fare, una mossa per dare il via alle cospirazioni contro i Grifondoro che il più delle volte finivano a loro favore, e che quando non era così sfociavano in ore di punizione in cui Pansy e Draco passavano il tempo a litigare, accusandosi l’un l’altra di aver fatto qualcosa di sbagliato o di non aver prestato attenzione a questa o quella cosa.
Erano finiti in punizione da soli quella sera di novembre nel corso del quarto anno quando lei l’aveva provocato come sempre, quando lui aveva risposto alla sua sfida con quel suo solito fare arrogante, in un battibecco eterno che li aveva portati a sfoderare le bacchette l’uno contro l’altra minacciando di usare chissà quale incantesimo, ma ogni minaccia era poi caduta nel nulla nel momento in cui si erano avvicinati guardinghi e lui le aveva preso il polso della mano che reggeva la bacchetta tirandola contro di sé per baciarla.
Era stato il momento in cui avevano cessato di essere semplici alleati, semplici compagni, ed erano diventati ancora più pericolosi, ancora più temuti, perché in ogni gruppo, in ogni casata vale il detto ‘l’unione fa la forza’, e se l’unione era la loro, era di certo meglio stare alla larga da ogni possibile scontro.
“Ma tu sei una ragazzina Parkinson, piccola, viziata e insopportabile…” rise Millicent appoggiando la testa all’indietro contro lo schienale inclinandola poi per fissare Pansy.
“E’ incredibile come questi aggettivi ti si adattino perfettamente, non credi?” rispose lei inarcando un sopracciglio, facendo sbuffare la bionda, divertita.
“Vado a prepararmi per la cena…” esclamò alzandosi e lisciandosi la gonna dell’uniforme che entrambe avevano reso più corta del normale grazie a un semplice incantesimo “…uso il tuo shampoo, il mio l’ha finito Daphne!” continuo portandosi i capelli dietro un orecchio e dirigendosi verso le scale dei dormitori senza aspettare risposta.
Pansy aprì di nuovo il libro accavallando le gambe e cercando di concentrarsi di nuovo nella lettura, disturbata da un leggero borbottio proveniente dal fondo della sala, alzò gli occhi vedendo un gruppetto di quattro ragazzi intenti a leggere una copia della Gazzetta del Profeta fin troppo divertiti.
“Allora la piantate?” tuonò lei fissandoli senza pietà e facendoli zittire all’istante.
“Scusa Pansy…” disse una delle ragazze, una bionda dagli occhi chiari e slavati abbassando poi lo sguardo e rimettendosi a parlare sottovoce con gli amici.
“Come siamo nervose…” arrivo una voce dall’entrata della sala.
Non aveva bisogno di vedere chi era per riconoscere il suo tono, quello arrogante, accattivante, quello di sta dicendo esattamente quello che vuole dire in quell’esatto e preciso momento: Draco.
“Come siamo noiosi…” ribatté lei scambiando le gambe accavallate e riportando gli occhi sulle pagine del suo libro, che ora poteva leggere in pace senza alcun vociare insistente e fastidioso alle sue spalle.
I suoi passi risuonarono decisi sul marmo nero del pavimento fino a fermarsi davanti a lei, finchè non si sedette sul tavolino di mogano scuro davanti al piccolo divano di velluto verde su cui Pansy stava leggendo una interessante storia di elfi, goblin e orchi selvaggi.
“Non puoi essere davvero arrabbiata con me…” rise lui cristallino, sinceramente divertito dall’atteggiamento distaccato di Pansy.
“Non ce l’ho con te Draco, ti sto ignorando è diverso” risponde serafica la ragazza girando come se niente fosse una pagina del libro e ricominciando a leggere di come Flintas l’elfo aveva ucciso Gundar il goblin. Pansy fece mentalmente nota di ricordare a Theodore quanto fossero stupidi i libri che le prestava, leggibili certo, ma con nomi e personaggi troppo surreali perfino per il mondo della magia. “Questo libro fa schifo!” disse tutto ad un tratto richiudendolo rumorosamente sulle sue ginocchia e lanciandolo con espressione annoiata sulla poltrona alla sua sinistra “Theo ha dei gusti pessimi ultimamente!” continuò alzandosi in piedi e sistemandosi il maglioncino incurante degli sguardi del ragazzo davanti a lei. “Stai invadendo il mio spazio Malfoy!” statuì alludendo al fatto che era bloccata tra lui, il divano e la piccola poltrona nera su cui aveva lanciato il libro.
“Stai invadendo il mio spazio Malfoy…” le fece il verso con quella voce stridula e insopportabile che faceva ogni volta che voleva imitarla “…stai diventando una vecchia strega acida e noiosa!” continuò appoggiando i gomiti sulle ginocchia e guardandola dal basso verso l’alto con gli occhi grigi e indagatori fissi su di lei.
Pansy inclinò semplicemente la testa abbozzando un sorriso ironico poi alzò la gamba destra portando il piede sul tavolino esattamente tra le gambe di Draco spingendo con forza il pesante mobile di legno, facendo stridere in modo insopportabile le gambe contro il pavimento marmoreo e lucido fino ad allontanarlo da lei quel tanto da permetterle di andarsene indisturbata, non senza aver nuovamente attirato su di sé l’attenzione di tutti i presenti in sala.
“Tu sei pazza Parkinson!” rise Malfoy di gusto, guardandola allontanarsi verso la scalinata dei dormitori, seriamente colpito dalla sua reazione, e convinto del fatto che in lei non ci fosse mai niente di prevedibile, nemmeno un singolo gesto.
“Forse Malfoy…” commentò lei fermandosi al primo scalino e girandosi con la mano sinistra appoggiata alla ringhiera di legno chiaro “…ma almeno per un po’ non potrai dire che sono noiosa!” concluse con tono perentorio ricominciando a salire verso la sua camera.


<<Snake eyes, I'm watching
Snake eyes, look out
Snake eyes, it's coming
Snake eyes, ain't no escaping from the snake eye>>

Credits: le canzoni usate sono "Snakes in the Basket" dei No Doubt, "At the Beginning" di Richard Marx and Donna Lewis e "Snake Eyes" degli AC/DC

 

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