Capitolo 03
Coffee Brak

C’era un'unica ricetta per riuscire a svegliarsi la mattina: doccia, possibilmente non troppo calda ma nemmeno ghiacciata, un thermos di caffè bollente e una delle brioches del bar sottocasa; quella era la sola combinazione possibile per non arrivare in ufficio ancora con gli occhi appesantiti dal sonno, se una delle tre variabili avesse dovuto per qualche sfortunata ragione mancare Lee probabilmente sarebbe tornato a letto senza troppi problemi dandosi malato.
Per fortuna quel giorno tutto era andato secondo i piani e in quel momento, mentre era fermo al semaforo e si stava sistemando i capelli guardandosi nello specchietto retrovisore, aveva al suo fianco, appoggiati sul sedile del passeggero, il fidato thermos di metallo e un sacchettino con la brioche.
Lee non faceva quasi mai colazione a casa, preferiva dormire un po’ di più e farla al volo mentre andava in ufficio, a parte quando sua sorella, o qualche altro membro della famiglia, si svegliava con uno stato d’animo così magnanimo da scendere al bar e prendere i cornetti caldi per tutti: era successo due volte negli ultimi tre anni. Leila la mattina era una persona su cui non si poteva fare nessun affidamento, era all’ordine del giorno vederla correre per il soggiorno alla ricerca di qualcosa lamentandosi perché si era svegliata tardi nonostante si mettesse quattro sveglie consecutive: non servivano a nulla, erano a poco meno di due minuti di distanza l’una dall’altra e, in quel brevissimo lasso di tempo, era capace di riaddormentarsi senza troppi problemi e svegliarsi al suono successivo per schiacciare il tasto postponi sul suo cellulare.
Leila era un vero e proprio ghiro, capace di addormentarsi a qualunque ora del giorno in qualunque situazione atmosferica, climatica o di rumore, se aveva sonno, cioè sempre, lei dormiva.
Fortunatamente per lei a Lee bastava una sola sveglia, che metteva al massimo venti minuti prima dell’ora in cui avrebbe dovuto effettivamente uscire di casa, per poter dormire il più possibile e così, solitamente, subito dopo essersi alzato dal letto, ancora prima di andare in bagno, entrava in camera di Leila e tirava su le tapparelle togliendole le coperte di dosso e lanciandole sulla poltrona lì vicino costringendola a svegliarsi.
Lee parcheggiò la macchina davanti al portone dello stabile in cui aveva sede la sua piccola società e, dopo aver recuperato la sua colazione, uscì salutando la signora delle pulizie con un gesto della mano che lei ricambiò con un sorriso: Lee aveva la capacità di piacere moltissimo alle signore di ogni età, soprattutto le over cinquanta che rimanevano abbagliate dagli occhi quasi accecanti e dal sorriso luminoso del ragazzo.
Non per niente era riuscito ad ottenere l’affitto in quello studio in una zona così bella della città solo perché la proprietaria dello stabile era una distinta donna di sessant’anni che aveva preferito lui e il suo socio, Mike, che si erano presentati con un’offerta nettamente inferiore al valore di mercato, piuttosto che altri tre offerenti che non avevano, a detta della signora, lo stesso faccino pulito e rassicurante di Lee.
Salì le scale velocemente, cercava di non prendere l’ascensore quando poteva per fare un po’ di esercizio: da quando aveva aperto la società il tempo per andare in palestra scarseggiava e, a parte le settimanali partite a calcetto con gli amici, stava decisamente trascurando l’esercizio e la cosa lo infastidiva un po’.
Non era un tipo che faceva palestra per avere un bel fisico e basta, certo ci teneva alla sua forma, ma era convinto che per stare bene fosse necessario un po’ di moto, e poi andare in palestra lo rilassava e, infatti, sentiva molto la mancanza delle sue ore di ginnastica.
Probabilmente, appena fosse riuscito a sistemare le cose in ufficio, sarebbe riuscito a ritrovare i suoi ritmi, o almeno era quello che sperava. Lui e Mike si erano messi in affari da poco meno di un anno, prima avevano lavorato come dipendenti presso un’altra azienda di cui però non erano rimasti soddisfatti e così, grazie a qualche conoscenza ottenuta nel corso degli anni, erano riusciti a mettersi in proprio e a crearsi la propria cerchia di clienti.
Quando aprì la porta sentì la voce di Mike che discuteva animatamente al telefono con qualcuno, il ragazzo era un tipo decisamente mattiniero; si era sposato due anni prima con la fidanzata di sempre e ora che la società appena creata stava lentamente prendendo il via stava cercando di mettercela tutta per farla decollare e crearsi un po’ di stabilità visti i progetti di mettere su famiglia che diventavano, per lui e la moglie, sempre più concreti. Robusto, occhi scuri e capelli castani Mike era una persona dal carattere deciso, dalle idee chiare: tra i due era lui a saperci fare veramente con i clienti, a saper esporre meglio le idee e le potenzialità dei loro progetti, a saper mettere le cose in chiaro prima dell’inizio di qualunque lavoro, e Lee gli era sempre stato molto grato per queste sue qualità.
Il biondo passò davanti all’ufficio dell’amico alzando la mano in segno di saluto, vedendolo impegnato in una conversazione che sembrava coinvolgerlo molto mentre camminava su e giù per la stanza incessantemente con il cordless in mano.
Non avevano appuntamenti quel giorno, dovevano solo iniziare a progettare il sito per l’azienda che aveva affidato loro il lavoro la settimana prima, verso le 10 sarebbe arrivato il grafico, Walt, che aveva chiamato la sera prima dicendo di avere delle idee da proporre; Lee lasciò la roba nel suo studio accorgendosi che la scrivania di Angela, la segretaria, era vuota, ma non fece a tempo neanche a formulare un pensiero che la porta dello studio  si aprì facendo entrare la donna dai capelli ramati.
“Ricordati Lee, i figli maschi per andare all’asilo fanno sei volte più storie delle femmine!” statuì appendendo il cappotto e appoggiando poi la borsa sulla sua scrivania.
Angela aveva poco più di trentacinque anni ed era la sorella di Mike: sposata, mamma di due bambini, due gemelli divertentissimi e inarrestabili, aveva accettato di lavorare part-time per loro quando i figli avevano iniziato ad andare all’asilo l’anno prima.
“Non farmi più certi scherzi di arrivare tardi, eh? Che poi non ti vedo al posto di comando e mi prende il panico!” scherzò il ragazzo entrando nella sua stanza e sedendosi alla scrivania dopo aver acceso e collegato il portatile al computer fisso che aveva in studio.
Erano le undici e mezza passate quando Walt, il grafico, si congedò dai suoi soci dopo averli salutati. L a sua idea per le immagini e l’impostazione del sito era molto buona, con qualche ritocco sarebbe stata quasi perfetta. La parte della progettazione era di certo la più complicata, ci volevano settimane e anche mesi anche solo per pensare a come strutturare una piattaforma di quel genere, ma, per fortuna, sia Lee che Mike, questa volta avevano le idee abbastanza chiare e speravano di potersi mettere all’opera relativamente presto.
Il ragazzo aveva appena fatto partire un’applicazione sul computer quando il suo cellulare prese a squillare e, dopo una rapida occhiata al display, rispose.
“Pronto?” disse nella cornetta continuando a fissare lo schermo.
“Ma è il compleanno di tua sorella sabato?” la voce di Jamie risuonò dall’altra parte forte e chiara mentre Lee buttava gli occhi al cielo divertito.
“No, mia sorella compie gli anni a maggio…” rispose all’amico.
“E allora chi compie gli anni sabato? Perché lo so che qualcuno compie gli anni il 15, il 15 marzo, ne sono certo!” ricominciò il ragazzo convinto battendo una mano sulla sua scrivania come se quel gesto potesse fargli tornare la memoria.
“Chiara, cretino! Hai sbagliato fratello a cui telefonare. È il compleanno di Chiara, hai presente? La sorella di Ian!” rise Lee scuotendo la testa aprendo un paio di e”mail.
“Vedi? Vedi che lo sapevo che era il compleanno di qualcuno? Va bene, me lo segno e adesso ti saluto perché vedo dalla finestra tua sorella in pausa caffè e quindi vado a raggiungerla! Ciao biondino, ci sentiamo dopo!” e detto questo riattaccò senza aspettare risposta.

“Donna!” una voce risuonò come di consuetudine per il cortile dell’università. Leila buttò gli occhi al cielo, riconoscendo il timbro, il tono e l’esatta provenienza di quell’urlo . T erza finestra sulla destra, secondo piano sopra il porte a vetri: l’ufficio di Jamie.
Girò la testa alzando lo sguardo, tenendo il bastoncino di plastica che le macchinette davano per mescolare lo zucchero nel caffè tra i denti e sventolò la mano verso il ragazzo con aria divertita.
“Scendo che ci beviamo un caffè decente invece di quella sbobba!” continuò lui sempre urlando, mentre studenti e professori lo guardavano male e guardavano male anche lei. Rimpiangeva i tempi in cui Chiara era ancora all’università e le figuracce le facevano in due.
“Quel tuo amico non è normale…” rise Nicky, una compagna di corso accendendosi una sigaretta.
“Lo dici ogni volta!” scherzò Leila sedendosi su una delle panchine con le gambe incrociate all’altezza delle caviglie.
“Signore, buongiorno!” la voce di Jamie risuonò alle sue spalle mentre le due ed anche una terza loro amica si giravano a guardarlo. “Posso offrirvi un caffè?” continuò il ragazzo mettendo le mani nelle tasche della giacca scura guardandosi intorno.
“L’ultima volta che siamo venute con te siamo rimasti al bar due ore!” scherzò Natalie ridendo, buttando nel cestino il bicchierino di plastica marrone che una volta conteneva un liquido che veniva catalogato dai distributori di quella università come the.
“Questa volta al massimo un quarto d’ora o mi licenziano, dicono…” commentò Jamie scuotendo la testa e prendendo Leila per un braccio per farla alzare “Forza Lalla muoviti, loro avranno anche facoltà di scelta tu no, mi accompagni e basta!” scherzò passandole un braccio sulle spalle.
“Tu non volevi mio fratello perché era un figo?” disse la bionda all’amica che annuì sorridendo “Ecco, ti cedo anche i suoi amici deficienti…” borbottò mentre tutte e tre seguivano Jamie verso il bar entrando dopo di lui.
“Donna, tra l’altro, voci di corridoio mi hanno detto che sabato è il compleanno di Chiara, cosa le possiamo regalare?” riprese a parlare il ragazzo dopo aver ordinato per tutti.
“Boh, io la mia idea già ce l’ho e non te la dico perché poi me la fregate come due anni fa! Comunque ci penso e, se mi viene in mente qualcosa, ti faccio sapere!” rispose ringraziando la barista che l’aveva appena servita.
“Beh, altrimenti chiedo a Ian, insomma è suo fratello quindi saprà…” iniziò a dire Jamie mentre Leila gli lanciava lo sguardo meno convinto della storia “… ok, hai ragione, Ian è una causa persa e di sua sorella non sa niente, avendo la sensibilità di un comodino, messaggio ricevuto!” riprese a dire scoraggiato prima di iniziare a chiedere anche alle altre due ragazze se avevano qualche idea in merito al regalo per l’amica che avrebbe compiuto gli anni di lì a poco.
Le due avevano in realtà molte proposte e, ad ogni opzione, Jamie commentava dicendo a Leila che ci avrebbe anche potuto pensare lei, ma la bionda lo ignorava candidamente sapendo che tanto Jamie, alla fine, avrebbe fatto di testa sua.
Dopo che, quattro anni prima, l’avevano mandato a comprare il regalo per Ian da solo, senza assistenza, e lui era tornato con una bambola gonfiabile, un sacchetto di palloncini e una felpa con gli Orsetti del Cuore, tutto il gruppo aveva deciso all’unanimità di bandire Jamie dalle spedizioni per comprare i regali di compleanno. L ui poteva solo assistere, eventualmente dare pareri sui colori o sulle fantasia di possibili capi di vestiario, ma niente di più. E sarebbe stato così anche per il regalo di Chiara: Lee aveva già sentito Mike, Sara e Leila lo aveva messo in contatto con gli ex compagni di università della ragazza in modo che potessero comprarle qualcosa tutti insieme senza dover stare ad ascoltare le strampalate idee di Jamie.
Dopo aver pagato, come sempre il ragazzo aveva offerto il caffè a tutte e tre senza fare una piega, come un loro piccolo rituale che si divertiva ad assolvere quasi ogni giorno, tornarono fuori nella piazzetta per stare un po’ al sole e fumare una sigaretta prima di rimettersi a lavorare, Jamie, e a studiare, le tre ragazze.
Era Marzo, ma si stava decisamente bene: l’aria era fresca, ma il sole scaldava preannunciando una primavera imminente, anche se le previsioni avevano dato come certo un ritorno della nebbia e del cattivo tempo nel corso del weekend.
Jamie tornò in ufficio giusto allo scadere del suo quarto d’ora di pausa; le ragazze si erano appena sedute al loro tavolo nell’aula studio, quando il cellulare di Leila presa a vibrare. L o prese in mano guardando il display: Ian.
“Hey!” esclamò la ragazza, rispondendo e parlando a voce moderata per non disturbare gli altri, ma non aveva voglia di uscire, essendosi appena tolta la giacca.
“Cosa cazzo regalo a mia sorella per il suo compleanno?”  disse senza neanche salutarla, mentre in sottofondo sentiva suonare Last Summer dei Lostprophets. Ian metteva sempre su i cd di quel gruppo quando lavorava al negozio, ne era un grande fan.
“Ciao Ian, che piacere sentirti, io sto bene grazie, e tu? Sono felice che anche tu stia bene…” lo prese in giro la ragazza giocando con il suo evidenziatore verde, mentre le amiche la guardavano divertite .
“Che cazzo ne so di cosa puoi regalare a tua sorella?! T ra l’altro, Jamie mi ha appena fatto la stessa domanda!” riprese la bionda, abbassando il tono di voce, visto che i vicini di tavolo l’avevano guardata male.
“Non vale! Così è ovvio che aiuti lui invece che me, visto che gl i vai dietro dalla notte dei tempi!” scherzò Ian, sapendo che stuzzicarla sull’argomento Jamie era una cosa che la innervosiva tantissimo.
“Sai, se è il mio aiuto che stai cercando, potresti iniziare col lusingarmi, invece che col prendermi in giro!” sbottò Leila fingendosi risentita “E comunque non ho dato idee neanche a lui, ho la mia e mi basta e avanza!” continuò appoggiando il gomito al tavolo e reggendosi la testa.
“Esci con me a prenderle qualcosa, ti prego Lia, brancolo nel buio!” si lamentò il ragazzo mentre batteva alla cassa due DVD e un cd acquistati da una signora ringraziandola e salutandola neanche troppo cortesemente.
“Hai una ragazza, non ti può accompagnare lei?” propose Leila vedendo proprio in quel momento Sara che entrava nell’aula studio, alzando la mano per salutarla.
“Sara e mia sorella non è che si piacciano proprio tanto, tanto, tanto…” commentò Ian “…dai! Vengo a pranzare con Sara tra mezz’ora, poi se sei lì andiamo al centro commerciale e per le tre sarai libera, te lo giuro!” riprese cercando di suonare convincente, sperando vivamente di fare pena a Leila e di ricevere una risposta positiva.
“Ok, va bene, così le compro anche il mio già che ci siamo! Ma scordatelo che ti cedo l’idea! Prima prendiamo il tuo e DOPO il mio così non cadi in tentazione!” mise le cose in chiaro la ragazza, assumendo un’espressione truce come se Ian potesse vederla.
“Ti amo principessa, sei la donna della mia vita, mi stai salvando, ti sarò grato a vita lo giuro…”
“…ho la tua ragazza a mezzo centimetro di distanza Ian, evita simili dichiarazioni d’amore!” scherzò ridendo rivolta verso Sara che aveva appena preso posto al tavolo con loro e la guardava divertita.
“Puoi dirle che forse tardo dieci minuti?” disse il ragazzo mentre ancora una volta si sentiva in sottofondo il rumore della cassa che si apriva e poi si richiudeva.
“Cosa sono, il tuo araldo? Il tuo piccione viaggiatore?” disse la ragazza con un sorriso.
“A tra poco Lia, grazie!” concluse Ian riattaccando il telefono, mentre Leila scuoteva la testa.
Ian era un impiastro a scegliere i regali per sua sorella, tre anni prima le aveva regalato un cd dei System of a Down e Chiara era una che ascoltava tutt’altro genere di musica, qualcosa di molto più vicino al pop che al metal o qualunque cosa potesse essere quella che suonavano i System of a Down.
Aveva di sicuro bisogno di una mano, e Leila gliel’avrebbe data, per evitare che la sua amica si ritrovasse con un regalo che, se fosse stato per Ian, avrebbe potuto benissimo avere la forma di un posacenere o di un accendino e Chiara non fumava né aveva mai fumato, così come Leila che aveva smesso proprio grazie all’amica quattro anni prima.
“Ritarda!” disse Leila rivolta a Sara che sorrise roteando gli occhi.
“Strano!” commentò, Ian non era un tipo molto puntuale e Sara ormai aveva imparato a convivere con la cosa. Si frequentavano da poco più di un mese, ma si erano visti moltissimo in questo periodo; Ian era un tipo travolgente, aveva sempre mille proposte, mille idee, non era certo una persona con cui ci si annoiava facilmente.
“Sappi che sarò rapita dalla tua dolce metà per comprare il regalo a Chiara dopo pranzo, se poi ritorna solo la sua testa dentro una scatola modello Seven, beh, mi dispiace ma probabilmente se l’è meritato!” scherzò Leila prendendo il suo quaderno degli appunti dalla borsa e passando a Sara delle fotocopie “La lezione del 10 è a metà, scusa ma avevo sonno!” rise facendo una linguaccia.
“Tranquilla, mi basta quella del 7 e comunque cerca di non uccidermelo, non è così male come sembra, è dolce!” scherzò la ragazza passandosi una mano tra i capelli.
“Mi riesce un po’ difficile crederti, visto che stiamo parlando della persona che quando avevo dieci anni mi ha spiegato il sesso indicandomi due cani che si ‘divertivano’ per così dire nel cortile di casa sua…” rispose Leila facendo scoppiare a ridere le tre ragazze sedute con lei “…ma mi fido sulla parola!” concluse con espressione ironica mentre si rimettevano a studiare.
Ian arrivò quasi puntuale, quasi, come suo solito, portando Sara fuori a pranzo come aveva promesso mentre le tre ragazze avevano appuntamento con altri due amici al bar dietro l’angolo per mangiare qualcosa insieme; erano le due in punto quando Ian e Leila montarono in auto diretti verso il centro commerciale, iniziando a pensare, senza grandi risultati, a un possibile regalo per Chiara.
Fortunatamente, il parcheggio era quasi vuoto: era giovedì e a quell’ora la gente non andava a fare spese, quindi potevano tranquillamente fare le cose con calma senza essere disturbati dalla ressa che di certo avrebbero trovato durante il weekend.
“Ci serve almeno uno straccio di idea…” sospirò Leila guardandosi intorno, incrociando le braccia come per concentrarsi mentre scrutava le vetrine dei negozi intorno a loro.
“Non giocava a tennis?” propose Ian mentre di tutta risposta gli arrivava una sonora sberla sulla nuca “E questa?” chiese lamentandosi e guardandola con gli occhi fuori dalle orbite.
“Cretino, non tocca più una racchetta da quando il suo ex, ovvero il suo maestro di tennis, le ha messo le corna con quindici persone diverse!” statuì Leila mentre il ragazzo la guardava borbottando qualcosa di incomprensibile.
Non è che non volesse bene a sua sorella, o che fosse del tutto disinteressato alla sua vita, le voleva molto bene nonostante fossero così diversi e molto spesso non andassero propriamente d’accordo. Il punto era che Ian era distratto, sbadato, uno che spesso non pensava molto prima di parlare, soprattutto nei confronti di Chiara: era un atteggiamento strano, lo riconosceva, però c’era qualcosa in sua sorella che non gli quadrava e così faceva fatica a ricordarsi i suoi gusti.
Di certo la ragazza in questo non lo aiutava. Chiara cambiava preferenze e passioni dalla mattina alla sera: vedeva un film e il protagonista diventava il suo attore preferito, sentiva una canzone e doveva avere tutti i cd di quel gruppo, si appassionava a uno sport e il giorno dopo si comprava l’intera attrezzatura.
Passioni estemporanee a cui, a essere sinceri, anche Leila faceva fatica a stare dietro, ma non più di tanto, essendo anche lei molto simile all’amica.
“Dai entriamo lì, l’argomento sport è sfruttabile!” esclamò la ragazza entrando in un negozio seguita da Ian che si guardava intorno spaesato. Lui adorava fare shopping per se stesso e anche andare a negozi con la sua ragazza o con gli amici, adorava comprare cose per le persone presenti con lui in quel momento, odiava invece fare regali perché sbagliava sempre le taglie, i colori e abbastanza spesso anche i gusti!
“Tu provi, io ti dico se mi piace!” sentenziò il ragazzo stando alle calcagna di Leila mentre si aggiravano tra gli scaffali.
“Posso anche fare a meno di provare, tanto tua sorella ha una small, ne sono sicura!” rispose la ragazza che non aveva voglia di perdere ore nei camerini.
“Tu provi!” statuì “Perché se no non so se mi piace!” aggiunse mentre lei si girava fulminandolo con lo sguardo mentre lui prendeva un paio di cose e gliele metteva in mano “Marsh, verso i camerini!” continuò mettendosi a ridere “Giuro che ti faccio un regalo!” continuò poi mentre lei lo guardava divertita.
“Allora provo tutto quello che vuoi!” acconsentì sparendo dietro una delle tende color sabbia.
“Ian… mi hai passato una tuta da pornodiva?” commentò la ragazza guardandosi allo specchio senza il coraggio di uscire. La felpa era strettissima sul seno, facendo sembrare una maggiorata anche lei che in realtà aveva  una onestissima terza, i pantaloncini erano inguinali e davvero di dubbio gusto “Stai cercando di comunicare qualcosa a tua sorella?”
“Esci!” le intimò il ragazzo divertito.
“Neanche morta!” rispose lei sporgendo solo la testa oltre la tenda mentre lui si alzava e si intrufolava con il capo nel camerino guardandola allo specchio.
“Ok, questo decisamente no, lo ammetto…” commentò cercando di immaginarsi quella roba addosso a sua sorella con scarsi risultati “Se vuoi la regalo a te!” scherzò poi mentre Leila si girava a guardarlo.
“Stai forse cercando di comunicare qualcosa a me? Cioè che l’unico modo che ho di trovarmi qualcuno è andare per le strade?” scherzò inclinando la testa mentre tutti e due si mettevano a ridere “Esci cretino che provo l’altra!” aggiunse poi mettendogli una mano sulla testa e cacciandolo fuori dal camerino.
Ian se la rideva divertito sedendosi di nuovo su uno dei puff lì davanti appoggiando indietro la testa “Hey ma tipo della roba per il nuoto? Non andate in piscina voi due?” propose guardandosi intorno.
“No, ha già tutto…” rispose la ragazza sistemandosi i pantaloni e poi uscendo “A me è piccola ma a lei va bene che dici?” chiese poi.
“Ma una tuta non è un regalo stupido?” commentò guardando con occhio clinico la bionda davanti a lui.
“Sei tu che le hai scelte!” esclamò lei allargando le braccia.
“Sì, ok… ma erano la prima cosa che mi era capitata sotto mano!” spiego come se fosse normale prima che gli arrivasse addosso la felpa che Leila si era appena levata.
“Io l’ho detto a Sara che ti avrei ucciso !” commentò la ragazza rientrando in camerino e rimettendosi i suoi vestiti prima di uscire e riprendere a girare per il centro commerciale guardando le vetrine dei negozi.
“L’autoradio!” esclamò Leila come se avesse appena avuto un’illuminazione divina e Ian le rivolgeva un’occhiata confusa “I tuoi le regalano la macchina nuova, giusto?” chiese la bionda fermandosi all’improvviso e lui annuì “Chiama tuo padre, stordito com’è non le ha preso l’autoradio e gliela prendiamo noi! È un po’ costoso ma se facciamo a metà ci sta!” propose la ragazza.
“Ma non avevi già un’idea?” rise Ian e lei scosse la testa.
“Questa è migliore, la mia la riciclo! Su chiama, muoviti!” gli intimò galvanizzata dall’idea appena avuta: quello poteva essere un regalo azzeccato.
Chiara andava ancora in giro con una vecchia Y10 che ne aveva viste di tutti i colori, o meglio, che aveva retto la pratica della patente e i primi anni di guida non solo di Ian ma anche di Lee e ovviamente di Leila e Chiara a cui era passata in gestione dopo che i fratelli maggiori avevano ricevuto macchine più decorose.
La vecchia ‘Ammiraglia’, così come la chiamavano tutti, sarebbe andata in pensione di lì a poche settimane e Chiara e Leila avevano organizzato per domenica, il giorno prima di portarla alla rottamazione, una vera e propria cerimonia di addio a cui si sarebbero ovviamente uniti anche Ian, Lee e Jamie che ricordava di quando era riuscito a farsi la bionda norvegese al mare otto anni prima proprio sui sedili di quella macchina.
“Che tristezza l’ammiraglia in pensione!” rise Ian mentre entravano in macchina, erano andati al negozio di elettronica e hi-fi lì di fronte e avevano preso una autoradio nuova fiammante per Chiara, con tanto di presa per l’Ipod.
“Veramente!” concordò la ragazza, quella macchina era un po’ un membro del gruppo, insomma lei aveva baciato Todd Wilkinson in quella macchina: il più figo della scuola.
Scoppiò a ridere e Ian la guardò incuriosito mentre erano fermi al semaforo “E adesso?” sorrise ripartendo.
“No, è che… Dio mi sono fatta Todd Wilkinson in quella macchina e adesso la stanno per rottamare!” spiegò la ragazza girandosi a guardarlo mentre lui faceva un’espressione indecifrabile a metà tra l’orripilato e lo scocciato.
“Me lo ricordo quello…” borbottò. L’aveva preso a pugni.
Il belloccio stava con Leila, avevano sì e no diciotto anni, ma una sera, a una festa all’aperto a cui erano invitati anche Ian, Lee e gli altri, aveva iniziato a provarci pesantemente con Chiara, senza troppe remore né inibizioni: quando Ian l’aveva visto addosso alla sorella in quel modo, non si era fatto scrupoli nemmeno lui e l’aveva fatto finire in piscina con un destro ben assestato.
Non l’avevano più rivisto, si era trasferito a Torino per l’accademia militare e di lui non c’erano state più notizie.
“Il fratellone geloso e protettivo! Quanto ti abbiamo preso in giro?” scherzò iniziando a rovistare tra i cd nel cruscotto.
“Troppo!” rispose lui con un sorriso.
“Lee non ha mica mai preso a pugni nessuno per me!” continuò la ragazza pensierosa scegliendo un cd e mettendolo nell’autoradio.
“No, infatti mandava avanti a me lo smidollato! Vai, vai a prendere a pugni quello che ha fatto l’idiota con mia sorella! Sempre io dovevo venire a salvare te e quella cretina della Puffa!” sbottò lui scuotendo la testa.
Erano parecchie le volte in cui, soprattutto negli anni del liceo, lui e Lee erano stati chiamati dalle ragazze a qualche festa perché non sapevano come tornare, perché c’era brutta gente o via dicendo; non che fossero due scapestrate, ma la loro buona dose di stupidaggini l’avevano fatta e, per fortuna, erano sempre state munite di cellulare e di due fratelli maggiori con amici annessi, cosa molto, molto comoda.
Parcheggiarono vicino al negozio di musica di Ian e scesero che erano le tre e quindici in punto.
“Vieni dentro un attimo…” le disse Ian indicando il suo posto di lavoro e Leila lo seguì incuriosita, ogni tanto Ian trovava qualche vecchio DVD da collezione o vinili di anni e anni passati e invece che metterli in vendita se li teneva per sé, pagandoli, quasi sempre, una sciocchezza.
Il negozio era ancora chiuso, Ian aprì le luci e si tolse la giacca andando poi dietro il bancone, tirando fuori qualcosa dal mobiletto sotto la cassa facendole poi cenno di avvicinarsi.
“Per il disturbo…” sorrise passandole una maglietta grigia con una serie di ghirigori neri, che erano in realtà il nome di un gruppo: Aerosmith.
Leila si mise a ridere aprendola e appoggiandosela addosso “L’hai trovata!!!!” esclamò tutta felice.
“Lo sai che sei sempre nei miei pensieri!” disse ironico il ragazzo accendendo anche le luci del retro.
“Quanto ti devo?” chiese poi aprendo la borsa.
“Hey, hey calma Principessa!” la interruppe lui alzando le mani per fermarla “Offre la casa, perché anche se ti chiamo disperato all’ultimo minuto non mi mandi a fanculo, come farebbe tuo fratello!” aggiunse mentre lei appoggiava le mani sul bancone e gli schioccava un bacio sulla guancia.
“Sempre a disposizione del Capitano Han Solo!” lo prese in giro prima di salutarlo e uscire dal negozio.

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